Jim Thompson – Pop. 1280,
Gold Medal, 1964 (Black Lizard, 1990)
Marcel Duhamel (trad.) – 1275
âmes, Série noire 1000, Gallimard, 1966 (Carré noir 337, 1981)
Attilio Veraldi (trad.) – Colpo di
spugna, La Gaia Scienza 186,
Longanesi, 1983
Jean-Bernard
Pouy – 1280 âmes,
Baleine, 2000 (Points, 2003)
L'inizio è rabelaisiano. La mattina,
appena sveglio, Nick Corey non mangia molto: mezza dozzina di
costolette di maiale, qualche uovo fritto e una padella di focaccine
con grits and gravy (una
sorta di polenta di mais condita col sugo, un
piatto tipico del Sud degli Stati Uniti). Poco più tardi esce
per prendere un treno e si ferma a mangiare un boccone ovvero una
porzione di catfish e
un'altra se la porta dietro per il viaggio. Per sicurezza.
Del resto la notte
ha dormito poco, gli capita da quando ha tutti questi problemi.
Capace che ci mette anche venti, trenta minuti a prender sonno e poi,
dopo neanche nove ore, è già sveglio di nuovo.
Tutto
il racconto è in prima persona e quindi sappiamo poco del suo
aspetto fisico, ma sappiamo che in quanto a donne (pour ce qui est
de la chose traduce Duhamel a p.
11, d'ora in poi, per brevità, D11) lui ne aveva sempre avute tante,
fin da ragazzino. Al punto che “Nick, mi dicevo tra me e me,
dovresti metterci un rimedio, magari difenderti con una frusta o
quelle ti consumeranno fino a farti morire”. Tutto questo nelle
prime quattro pagine del libro.
C'è una dismisura
in tutto questo. Una sproporzione che non è banale vanteria perché,
andando avanti, Nick continua a mangiare come un maiale, a dormire
non appena mette i piedi su un tavolo e a passare quasi senza sforzo
dal letto di Rose Hauck a quello di Amy Mason.
Il racconto è in
prima persona e dunque noi siamo lui, stiamo dalla sua parte,
crediamo a quel che ci dice (non abbiamo alternative, del resto). In
appena quattro pagine siamo precipitati nel mondo di Nick Corey. Che
è anche quella cosa che riesce solo ai grandi scrittori.
Certo, a tratti, ci
sembra di capire meglio di lui le situazioni, di vedere quel che lui
non vede. Ci sembra di avere un margine. Quando si fa prendere a
calci da Ken Lacey, quando l'uomo col vestito a scacchi bianchi e
neri gli racconta la storia della donna nuda in groppa al pony
pezzato, quando Myra lo incastra per farsi sposare e poi si porta un
casa un semi-deficiente ben dotato (low-hung) facendolo
passare per il suo fratellastro, in tutti questi casi a noi sembra
che lui sia proprio uno stupido. Il seguito prova che avevamo torto.
Il fatto è che
Nick non vuole del male a nessuno. È lo sceriffo di Pottsville, ma
non vuole mettersi in urto con nessuno. “Non posso dire che hai
ragione, ma non posso neppure dire che hai torto” è la frase che
ripete più spesso, almeno sette volte, durante tutto il libro.
Tutti
dicono che è stupido, ma è per questo che lo eleggono. Who
wants a smart sheriff? (Thompson,
p. 7, d'ora in poi per brevità T7). E poi non puoi prendetertela con
me se sono stupido perché they's lots of stupid people in
the world (T7).
E poi,
non è meglio girare le spalle ai problemi piuttosto che guardarli
dritto in faccia? Because me I haven't got no very strong
convinctions about anything. Not any more I haven't (T56).
Dunque
nessuna convinzione. Se Nick agisce è perché lo costringono a
farlo. Quando incontra per la prima volta Myra alla Fiera lui capisce
subito che lei ha buggers in her bloomers e chiggers on her
figger (T95). Cosa che Duhamel,
non riuscendo a conservare le assonanze, rende con fourmis
dans les pantalons et des démangeaisons dans le calcif
(D113). E che Veraldi, ancor meno immaginativamente, traduce con
doveva averci le formiche in quel posto o il fuoco sotto o
com'è che si dice (Veraldi p.
88, d'ora in poi, per brevità, V88).
Insomma Nick
capisce benissimo che lei ha le mutande in fiamme, ma quel che più
lo preoccupa è che, se lui non ci mette un rimedio, quella rischia
di metter a fuoco “l'intera Fiera e così ci sarebbe stato il
panico e migliaia di persone sarebbero morte nella relativa ressa,
per non parlare dei danni alle proprietà” (V88).
E l'unico rimedio
che a lui venga in mente è quello di portarla in un albergo. Non è
che lui ne abbia una gran voglia. Lo fa solo per evitare “la morte
di migliaia di donne e di bambini innocenti” (V88). Capite allora
di cosa parlo quando parlo di dismisura.
Ed è
così che piano piano, per slittamenti progressivi, questa dismisura
si allarga e il mondo di Nick si allontana sempre più dal mondo
usuale. Un po' per pretesa idiozia, un po' per arguzia banale, un po'
perché il mondo è una merda e Pottsville è il buco del culo del
mondo (T209), Nick riesce a convincerci che quel che fa non è
uccidere quattro persone e provocare la morte di altre due. Quel che
fa è la sua missione sulla Terra. È il Signore a indicargli chi
colpire. Lui come al solito non vorrebbe, ma non può sottrarsi al
compito. E noi che l'abbiamo seguito fin lì, come potremmo non
credergli? (à suivre)

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