Dorothy Leigh Sayers se la tira. Non
per nulla è stata tra le prime donne inglese a laurearsi a Oxford
(nel 1920, prima non era previsto che le donne si laureassero). Non
per nulla ha tradotto in inglese La divina commedia,
ha scritto poesie, lavori teatrali e saggi d'argomento teologico. Non
per nulla è tra le pochissime persone al mondo ad aver usato in un
libro la parola ipecacuanha
(Clouds of Witness,
1926, Gli occhi verdi del gatto).
Il
suo personaggio più famoso si chiama Lord Peter Death Bredon Wimsey.
È un celebre bibliofilo, è dotato di una cultura sconfinata, è il
migliore giocatore di cricket che sia mai sceso sulla Terra e in più
risolve casi criminali, come ogni buon detective dilettante di quel
periodo.
Naturalmente
è snob. Uncommonly
worryin' for him, old chap,
commenta, quando gli dicono che suo fratello Gerald è in galera con
l'accusa di omicidio (Clouds
of Witness).
Naturalmente
ama citare poeti e letterati ogni due per tre: I
have a quotation for everything – it saves from original thinking,
dichiara in Have
His Carcase
(1932, Alta
marea per Lord Peter).
Difficile
immaginare la sua faccia. Al suo primo ingresso in letteratura (Whose
Body?, 1923,
Peter
Wimsey e il cadavere sconosciuto)
viene presentato così: His
long, amiable face looked as if it had generated spontaneously from
his top hat, as white maggots breed from Gorgonzola.
In
The
Nine Tailors
(1934, Il
segreto delle campane)
scopriamo anche che è un notevole campanologo, qualsiasi cosa questo
voglia dire. Il che non impedisce a Edmund Wilson di definire il
libro: one
of the dullest books I have ever encountered in any field
(Who
Cares Who Killed Roger Ackroyd?).
Ma Wilson dice così solo perché non ha mai letto Gaudy
Night (1935,
misericordiosamente inedito da noi).
A
un certo punto Lord Peter sposa Harriet Vane che di mestiere fa la
scrittrice di romanzi polizieschi di successo (ma va?). In Busman's
Honeymoon
(1937, inedito in Italia et
pour
cause)
i due vanno appunto in viaggio di nozze. Si amano, si guardano, si
capiscono a un battito di ciglia, si parlano in francese. Quando lui
cita il penultimo verso dell'ultima stanza del poema dimenticato di
un poeta minore, lei prontamente gli risponde col verso finale. I due
sembrano cibarsi di Tennyson a colazione, di Wordsworth all'imbrunire
e di Shakespeare il resto del tempo. Da ammazzarli.
Come
se non bastasse, Dorothy Sayers ha fatto anche altro nella vita. Dal
1922 al 1931 ha lavorato per l'agenzia di pubblicità S. H. Benson. È
lei l'autrice di una fortunata campagna per la senape Colman, nonché
di una simpatica quartina che ha come protagonista il Tucano della
Guinness.
If
he can say as you can
Guinness
is good for you
How
grand to be a Toucan
Just
think what Toucan do
Non
so se se ne vergognasse particolarmente, sta di fatto che nel 1933
trova il modo di vendicarsi. Murder
Must Advertise,
uscito
in Italia col titolo vagamente lacaniano di Lord
Peter e l'altro,
è la storia di un traffico di droga gestito dall'interno di
un'agenzia pubblicitaria.
All
advertisers are dope merchants (…) there is a subtle symmetry about
the thing which is extremely artistic
(p. 204, NEL, 1978).
Ma
esiste almeno un fondo di verità nel meccanismo pubblicitario?
“Truth
in advertising,” announced Lord Peter sententiously, “is like
leaven, which a woman hid in three measures of meal. It provides a
suitable quantity of gas, with which to blow out a mass of crude
misrepresentation into a form that the public can swallow.”
(p. 65).
La
condanna morale è netta: I
think this is an awfully immoral job (p.
48).
Poi,
certo, capita che a p. 169 il giornalista Hector Puncheon entri in un
pub e dica: Oh
I think I'll have a Guinness. (…) Guinnes is good for you –
particularly on a chilly morning.
E
nel racconto Sleuths
on the Scent capita
di leggere la seguente frase: Another
man, with his hat and Burberry on, was ordering Guinness.
Capita
infine che in Strong
Poison
(1930, Veleno
mortale)
si trovi quest'altro accenno: At
11 o'clock Boyes had a Guinness, observing that, according to the
advertisements, it was 'Good for you' (p.
14, NEL, 1977).
Saranno
coincidenze, certo. E poi, chi sono io per accusare Dorothy Leigh
Sayers di fare della pubblicità occulta?


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