lunedì 2 settembre 2013

Dorothy Sayers e il suo Gorgonzola




Dorothy Leigh Sayers se la tira. Non per nulla è stata tra le prime donne inglese a laurearsi a Oxford (nel 1920, prima non era previsto che le donne si laureassero). Non per nulla ha tradotto in inglese La divina commedia, ha scritto poesie, lavori teatrali e saggi d'argomento teologico. Non per nulla è tra le pochissime persone al mondo ad aver usato in un libro la parola ipecacuanha (Clouds of Witness, 1926, Gli occhi verdi del gatto).

Il suo personaggio più famoso si chiama Lord Peter Death Bredon Wimsey. È un celebre bibliofilo, è dotato di una cultura sconfinata, è il migliore giocatore di cricket che sia mai sceso sulla Terra e in più risolve casi criminali, come ogni buon detective dilettante di quel periodo.
Naturalmente è snob. Uncommonly worryin' for him, old chap, commenta, quando gli dicono che suo fratello Gerald è in galera con l'accusa di omicidio (Clouds of Witness).
Naturalmente ama citare poeti e letterati ogni due per tre: I have a quotation for everything – it saves from original thinking, dichiara in Have His Carcase (1932, Alta marea per Lord Peter).
Difficile immaginare la sua faccia. Al suo primo ingresso in letteratura (Whose Body?, 1923, Peter Wimsey e il cadavere sconosciuto) viene presentato così: His long, amiable face looked as if it had generated spontaneously from his top hat, as white maggots breed from Gorgonzola.

In The Nine Tailors (1934, Il segreto delle campane) scopriamo anche che è un notevole campanologo, qualsiasi cosa questo voglia dire. Il che non impedisce a Edmund Wilson di definire il libro: one of the dullest books I have ever encountered in any field (Who Cares Who Killed Roger Ackroyd?). Ma Wilson dice così solo perché non ha mai letto Gaudy Night (1935, misericordiosamente inedito da noi).

A un certo punto Lord Peter sposa Harriet Vane che di mestiere fa la scrittrice di romanzi polizieschi di successo (ma va?). In Busman's Honeymoon (1937, inedito in Italia et pour cause) i due vanno appunto in viaggio di nozze. Si amano, si guardano, si capiscono a un battito di ciglia, si parlano in francese. Quando lui cita il penultimo verso dell'ultima stanza del poema dimenticato di un poeta minore, lei prontamente gli risponde col verso finale. I due sembrano cibarsi di Tennyson a colazione, di Wordsworth all'imbrunire e di Shakespeare il resto del tempo. Da ammazzarli.

Come se non bastasse, Dorothy Sayers ha fatto anche altro nella vita. Dal 1922 al 1931 ha lavorato per l'agenzia di pubblicità S. H. Benson. È lei l'autrice di una fortunata campagna per la senape Colman, nonché di una simpatica quartina che ha come protagonista il Tucano della Guinness.

If he can say as you can
Guinness is good for you
How grand to be a Toucan
Just think what Toucan do



Non so se se ne vergognasse particolarmente, sta di fatto che nel 1933 trova il modo di vendicarsi. Murder Must Advertise, uscito in Italia col titolo vagamente lacaniano di Lord Peter e l'altro, è la storia di un traffico di droga gestito dall'interno di un'agenzia pubblicitaria. 
All advertisers are dope merchants (…) there is a subtle symmetry about the thing which is extremely artistic (p. 204, NEL, 1978).
Ma esiste almeno un fondo di verità nel meccanismo pubblicitario?
Truth in advertising,” announced Lord Peter sententiously, “is like leaven, which a woman hid in three measures of meal. It provides a suitable quantity of gas, with which to blow out a mass of crude misrepresentation into a form that the public can swallow.” (p. 65).
La condanna morale è netta: I think this is an awfully immoral job (p. 48).
Poi, certo, capita che a p. 169 il giornalista Hector Puncheon entri in un pub e dica: Oh I think I'll have a Guinness. (…) Guinnes is good for you – particularly on a chilly morning.
E nel racconto Sleuths on the Scent capita di leggere la seguente frase: Another man, with his hat and Burberry on, was ordering Guinness.
Capita infine che in Strong Poison (1930, Veleno mortale) si trovi quest'altro accenno: At 11 o'clock Boyes had a Guinness, observing that, according to the advertisements, it was 'Good for you' (p. 14, NEL, 1977).
Saranno coincidenze, certo. E poi, chi sono io per accusare Dorothy Leigh Sayers di fare della pubblicità occulta?

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