COO-DAV
Noir (2010)
Il noir è un
genere troppo serio per lasciarlo in mano agli intellettuali. Robert Coover è
quello di Whatever Happened to Gloomy Gus
of the Chicago Bears? e soprattutto quello della Babysitter. Dunque è bravo a scrivere. Il suo amore per il genere
noir non è in dubbio. La sua capacità di calco è quasi prodigiosa. Frase per
frase, paragrafo per paragrafo qui non c’è nulla che sfigurerebbe in un romanzo
hard-boiled classico. Peccato che la femme fatale che, nel primo capitolo, entra
nell’ufficio del detective per ingaggiarlo, poi muoia già nel
capitolo secondo. E poi torni in vita nel terzo per essere di nuovo la vittima
sui cui indagare nel capitolo numero quattro. Fino a metà libro ho pensato che,
forse, leggendo il tutto a capitoli alternati, sarei riuscito a trarne fuori un
qualche senso. Fino a due terzi ho coltivato la speranza che Coover,
con un colpo di mano, riuscisse nel finale a raccogliere il filo
della narrazione in un qualche superiore disegno, imperscrutabile e geniale.
Sono arrivato alla fine e ho pensato quel che ho scritto qui all’inizio: il noir è un genere troppo serio per
lasciarlo in mano agli intellettuali.
Divertimento (1949)
– Alguien que anda por ahí (1977) – Fantomas contra los vampiros multinacionales
(1977) – Un tal Lucas (1979) – Queremos tanto a Glenda (1980) – Deshoras (1982)
È difficile trovare una foto di Cortázar in cui lui non
avesse in bocca una sigaretta, una pipa, un sigaro. Lo so erano altri tempi.
Quando bisognava alzar la voce col Tribunale Russell per far sapere a tutto il
mondo degli orrori della dittatura argentina. Io ho fatto un fioretto: quello
di arrivare a leggere tutto quello che ha scritto Cortázar in vita sua. Perfino
quell’esordio zoppicante che è Divertimento.
Perfino quando fa troppo l’intellettuale e diventa insopportabile (Un tal Lucas). Ma se non avete mai letto
niente di suo, vi consiglio di cominciare con Rayuela. Che è quel gioco che si fa disegnando dei quadrati col
gesso sul marciapiede e poi
saltandoci sopra a zoppo galletto. E che in italiano dovrebbe essere “Campana”.
Anche se poi viene tradotto con “Il gioco del mondo”. E che in inglese invece
si traduce con Hopscotch, che è anche
il titolo di un film di Ronald Neame, interpretato da Glenda Jackson. E noi
vogliamo tanto bene a Glenda.
One to Count Cadence
(1969) – Dancing Bear (1983) – Hot Springs (racconto, 1996) – Hostages (racconto, 2002)
One to Count Cadence
è la storia di un gruppo di soldati americani nelle Filippine (poi in Vietnam)
che bevono come delle spugne, quando non vanno a troie. E che, quando non vanno
a troie, fanno a botte come delle bestie. So,
what’s new? È possibile che nel ’69 il romanzo di Crumley abbia destato
scalpore per la violenza dello stile, oggi sembra un po’ datato e noioso
(vedi le lunghe discussioni sull’etica dell’uccidere). Dancing Bear, invece, ha come protagonista il detective privato
Milodragovitch, cocainomane, alcolista e psicopatico. Tutte le donne che
incontra se lo vogliono portare a letto. Tutti i cattivi che incontra lo
vogliono far fuori. Entrambe le cose per ragioni non immediatamente
comprensibili. So what’s new? James
Crumley è morto nel 2008 e molti ancora si chiedono come mai non abbia mai
avuto il successo che secondo loro chiaramente meritava. Io no.
The False Burton Combs
(racconto, 1922) – The Game Guy
(racconto, 1925) – Lurking Shadows
(racconto, 1926) – The Third Murderer
(1931) – Just Another Stiff (1936) – Better Corpses (1940) – The Giant Has Fleas (racconto, 1947)
Come tutti sanno, il primo racconto del genere hard-boiled non è stato scritto da
Hammett o da Chandler, bensì da Carroll John Daly. Negli anni Venti dicono
che il suo nome in copertina garantisse un 10% in più di vendite per la rivista
“Black Mask”. Ora, mi domanderete voi, come mai nessuno si ricorda più di lui?
Provate a leggere i suoi romanzi, vi rispondo io. Nei tre che ho letto il
protagonista è Race Williams, detective privato, svelto come un fulmine a sparare,
neanche fossimo nel vecchio West. Lei è Florence Drummond, “The Flame, The Girl
with the Criminal Mind”, a tratti un’innocente verginella e a tratti una femme fatale, spietata e priva di
scrupoli. Insomma siamo in pieno feuilleton
ottocentesco. Hammett era migliaia di chilometri più avanti.
Red Goose
(racconto, 1934) – The Price of a Dime (racconto,
1934) – The Rag-Tag Girl (racconto,
1936) – The Case of the Greedy Guardian (racconto,
1936) – Dead Man’s Chest (racconto,
1936) – Something for the Sweeper (racconto,
1937) – You’ll Die Laughing / Do a Dame a
Favor? (racconto, 1940) – Holocaust
House (racconto, 1940) – The Mouse in
the Mountain / Rendezvous with Fear / Rich Dead Little Girl (1943) – Sally’s in the Alley (1943) – A Penny Saved Is Not Much (racconto,
1945) – Oh, Murderer Mine (1946)
Puoi essere uno scrittore mediocre o un genio, puoi comporre
capolavori misconosciuti o illeggibili piattezze, ma se per caso uno dei
maggiori filosofi del Novecento scrive a un amico americano che gli piacciono i
tuoi racconti, quella è l’etichetta che ti resta addosso. Norbert Davis è, e
sarà per sempre, lo scrittore che piaceva a Wittgenstein. Poi, Norbert Davis non è stato né un mediocre, né un genio,
ma un buon praticante del genere. In particolare la serie che ha come
protagonisti Doan e Carstairs è decisamente piacevole e percorsa da un umorismo
deadpan, molto cerebrale. (Sarà
questo che piaceva a Ludwig?). Doan è basso, grassottello e sveglio. Carstairs
è grosso, imponente e taciturno. Più che altro Carstairs è un cane danese.
All’inizio di The
Mouse in the Mountain, Doan si presenta dichiarando di essere un detective.
“Ma non ne ha l’aria,” gli fa notare Janet Martin. “Chiaro che no,” risponde
lui. “Sono in incognito, cerco di farmi passare per un turista”. “Ma allora
perché va a dirlo in giro a tutti?” insiste Janet. “Il mio travestimento è così
perfetto che nessuno si accorgerebbe che sono un detective se non glielo
dicessi io, allora naturalmente glielo dico.” Ecco, io me l’immagino, e siamo
solo a pagina tre, me l’immagino Wittgenstein che appoggia il dito inumidito
sull’angolo del foglio per passare rapidamente a pagina quattro. E sorride.
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