Jim Thompson – Pop. 1280,
Gold Medal, 1964 (Black Lizard, 1990)
Marcel Duhamel (trad.) – 1275
âmes, Série noire 1000, Gallimard, 1966 (Carré noir 337, 1981)
Attilio Veraldi (trad.) – Colpo di
spugna, La Gaia Scienza 186,
Longanesi, 1983
Jean-Bernard
Pouy – 1280 âmes,
Baleine, 2000 (Points, 2003)
E comunque il mistero rimane. Un libro
può anche cambiare nome da una lingua a un'altra. A volte perché la
traduzione letterale del titolo è già stata usata e farebbe
confusione. A volte perché il direttore marketing vuol mostrare di
essere creativo e vuol fare confusione. A ognimmodo a nessuno
verrebbe mai in mente di far uscire in Italia un libro intitolato I
sette moschettieri, Venticinque
anni dopo o Le mille e
tre notti. I numeri normalmente
restano uguali. Allora perché mai Maurice Duhamel decide di passare
da 1280 abitanti a 1275? Che fine hanno fatto quei cinque poveri
desaparecidos?
Questo è quello
che si chiede Pierre de Gondol nel romanzo di Jean-Bernard Pouy. O
meglio, è quello che chiede uno sconosciuto che entra nel negozio di
Pierre de Gondol. Perché lui non è un detective, è un
bouquiniste, un venditore di libri usati, ma molto spesso la
ricerca di un libro andato perduto è tanto appassionante quanto la
ricerca di un assassino.
Pierre si mette
subito al lavoro e scopre l'episodio che Duhamel ha tagliato, quello
dell'uomo col vestito a scacchi e della donna nuda sul pony pezzato.
Aggiungete a questi il controllore del treno e abbiamo già trovato
tre dei cinque personaggi scomparsi. Di lì in poi, però, invece di
andare a scavare nel passato di Marcel Duhamel, il nostro eroe parte
per gli Stati Uniti dove dà mostra di tutta la sua fighetteria da
grenouille e di tutta la sua cinefilia raffinata (cita anche
con le lacrime agli occhi Two Lane Blacktop di Monty Hellman,
uno dei film preferiti di Franco La Polla). E chiude alla fine il
libro con una soluzione che non serve a niente e non convince
nessuno. In realtà si capisce benissimo che non sapeva come
chiuderlo.
Il fatto è che
Pouy scrive troppo (novanta libri circa in trent'anni). Oulipista
convinto, riempie i suoi libri di riferimenti cifrati, omaggi
nascosti, strizzate d'occhio, toccatine di gomito, “lingua sulla
guancia” (tongue-in-cheek come dicono gli americani),
insomma tutto il repertorio di tic nervosi tipici di un intellettuale
francese.
Jean-Bernard Pouy,
sia chiaro, è convinto che esistano anche forme di vita intelligente
al di fuori di un libro, ma non tante. Non è al livello Enrique
Vila-Matas che pensa che la vita reale sia poco più di una nota a
pie' pagina nella storia della letteratura, ma ci va vicino. Con
la differenza, poi, che Vila-Matas è un grande scrittore. Pouy un
po' meno.
Io continuo a
preferire i suoi romanzi anni Ottanta come Nous avons brûlé une
sainte, Le cinéma de papa, Suzanne et les ringards.
Per non parlare di quel brusco, acerbo e fulminante esordio
intitolato Spinoza encule Hegel (Baleine, 1983). E per non
parlare dell'intera serie che ha come protagonista Gabriel
Lecouvreur, dit Le Poulpe.
Resta il fatto che
scrive troppo. Qui aveva tra le mani un soggetto strepitoso (un
mistero letterario che si trasforma in detection)
e se l'è lasciato sfuggir via come un principiante. Tutta la parte
americana del libro non è giustificata da nulla se non dal fatto che
Iris, la fidanzata di Pierre De Gondol, è in quel momento in giro
per gli Stati Uniti con una compagnia teatrale. E quindi a un certo
punto i due si ritrovano in Texas. “On a mangé, bu et fait la bête
à deux dos en emmerdant Jim Thompson, l'Art théâtral, les States,
le Texas et les cinquante autre Etats” (p. 160). Ovvero hanno fatto
la bestia a due schiene. Vous voyez le topo ou voulez-vous que je
vous fasse un dessin?
Questa espressione
l'avevo già trovata in San-Antonio e pensavo l'avesse inventata lui.
Serge Le Doran, Frédéric Pelloud e Philippe Rosé, nel loro
Dictionnaire San-Antonio (Fleuve Noir, 1993), la includono tra
le 1252 espressioni usate da Frédéric Dard per indicare le varie
posizioni amorose.
Ma mi sbagliavo.
Perché l'inventore è in realtà Rabelais.
“(...) et
fasoient eux deux souvent ensemble la beste à deux doz, joyeusement
se frotans leur lard” sta scritto all'inizio del terzo capitolo di
Gargantua.
Avevo iniziato
questa serie di post con Rabelais. Era giusto chiudere con lui.
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