mercoledì 11 settembre 2013

Gli intraducibili (5): American Tabloid



Il realtà il libro di Ellroy è traducibilissimo e infatti è uscito in Italia per la Mondadori.
Il problema è che Ellroy ha uno stile asciutto, quasi scheletrico. La leggenda vuole che, dovendo ridurre White Jazz da 900 a 400 pagine, lui si sia messo lì e abbia tagliato tutti gli articoli e tutto quello che si poteva tagliare senza eliminare una sola frase. Lui poi sostiene che non era White Jazz, ma L. A. Confidential, ridotto da 800 a 635 pagine, ma perché dovremmo credergli? Ellroy scrive così perché vuole scrivere così.
Ellroy ha uno stile martellante. Tutte frasi brevi, una dietro l'altra. Anafore come se piovesse e allitterazioni a ogni canto di strada. Se fosse un brano musicale si direbbe che usa un ritmo sincopato. Se fosse un film avrebbe un montaggio a pezzi brevi. Ma dato che è un testo letterario parliamo di paratassi per asindeto.
Ellroy fa un uso insistito di termini gergali e più in generale della grande, sterminata, spregiudicata varietà lessicale che l'inglese contempla, della sua inesauribile plasticità. Tutto questo in italiano non viene bene. E non è che la traduzione sia scadente. È l'italiano che non regge la sfida.
Provo a fare tre esempi, ma potrei farne trecento:

1) “If he knew he would have fungooed Kemper Boyd.” (Ballantine, 1995, p. 431)
To fungoo è un verbo strano, non proprio di uso comune e non proprio da educande. È esattamente quello a cui state pensando, se state pensando a quella tipica espressione italiana. La versione Mondadori dice: “Se l'avesse saputo, avrebbe silurato Kemper Boyd.” (Oscar Bestsellers 771, 1997, p. 535). Ed è la traduzione giusta, non c'è niente da fare. Ma non è la stessa cosa.

2) “Fulo's car dipsy-doodled across the runaway.” (p. 240)
Doodle vuol dire scemo, sempliciotto. “Yankee Doodle” cantavano le truppe inglesi prima della Rivoluzione per prendere in giro l'esercito yankee. Deriva dal tedesco Dudeln (ovvero suonatore di cornamusa, dudelsack) ed è forse all'origine del termine dude. To doodle vuol dire scarabocchiare disegni a caso, distrattamente, pensando ad altro. To doodle vuol dire procedere a zigzag, anche in maniera losca e circospetta. I doodles sono le varianti (i re-design) del logo di Google.
Dipsy è l'aggettivo derivato di dipso che è la forma breve di dipsomaniac, ubriacone. Dipsy è anche qualcosa a metà tra drunk e tipsy, quindi inebriato, ma non ubriaco fradicio. Nel gergo del football americano dipsy-doodle è la finta. To dipsy-doodle quindi dovrebbe voler dire muoversi non in linea retta, come un ubriaco, apparentemente a caso, ma con l'intento segreto di ingannare chi ti guarda.
La versione italiana dice: “L'auto di Fulo attraversò furtiva la pista di atterraggio” (p. 301). Ed è giusto così. Avrebbe potuto dire di sghimbescio o a scatti e sarebbe andato ugualmente bene. Resta il fatto che l'originale è più ricco, è più evocativo. È un'altra cosa

3) “And for every month you go unfucking-subpoenaed...” (p. 7)
Questa è complicata. In inglese, per chiamarti a testimoniare a un processo, si usa un termine latino: subpoena. Da cui il verbo to subpoena somebody che vuol dire citare qualcuno in giudizio. Naturalmente se non ti fai trovare e il messo del tribunale non può consegnarti il documento, puoi anche andare avanti per un po' e schivare il processo. Finche non ti beccano.
Howard Hughes non vuole presentarsi al processo TWA, per questo il suo sgherro Pete Bondurant lo chiude nel bungalow di un hotel e contemporaneante ingaggia dei sosia e li piazza nei luoghi più disparati d'America, propala leggende su inesistenti viaggi all'estero, insomma fa di tutto perché nessuno possa rintracciarlo. In particolare corrompe i responsabili dell'albergo dando loro, per ogni mese in cui Hughes la fa franca, una ventina di azioni della Hughes Tool Company. Ovvero, dice Pete: “And for every month you go unfucking-subpoenaed I give them twenty shares...”. La traduzione italiana, e non c'è verso è quella giusta, dice: “Per ogni mese che riesci a evitare il mandato di comparizione...” (p. 13).
Ora considerate questo. Pete Bondurant è il tuttofare del miliardario Howard Hughes, ma soprattutto è quello che gli procura la cocaina, l'eroina, la morfina e tutto il resto. Lui, di suo, in realtà farebbe il killer, tant'è vero che un po' di tempo prima ha ammazzato anche il proprio fratello, un medico che procurava aborti illegalmente, ma l'ha fatto senza volere, mentre faceva fuori altra gente. I suoi genitori, quando l'hanno saputo, gli hanno telefonato pregando il cielo che non fosse vero. Qualche giorno dopo l'hanno fatta finita, attaccati al tubo di scarico dell'auto. Quando non smercia droga e non uccide, Pete organizza estorsioni assieme alla sua socia Gail. Lei adesca mariti frustrati in albergo e lui arriva al momento giusto a fotografare la scena. Ora un tipo così non direbbe mai “per ogni mese che riesci a evitare il mandato di comparizione” perché questo è il modo di esprimersi di un avvocato. E Pete non è un maledetto avvocato, he's not a damned lawyer, a sleazy shyster, a shitty mouthpiece, a lousy ambulance chaser, he's a dealer, he's a killer, he's a shakedown artist. Per questo dice “unfucking-subpoenaed”.

A questo punto è chiaro perché, quando dico ai miei amici che American Tabloid è un grandissimo libro, alcuni di loro mi rispondono che sì, effettivamente non è male. Non è colpa loro. Non è colpa della traduzione. Non è colpa di nessuno. È l'ombrello della zia del giardiniere.

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