Margery Allingham non ha mai amato
Albert Campion. La prima volta che lo fa entrare in scena lo presenta
così: “He's quite inoffensive, just a silly ass” (The
Crime at Black Dudley, 1929, La
lunga notte di Black Dudley). Di
fatto un povero scemo dalla faccia così vuota che anche quando
pensa, sembra che faccia finta di pensare: “(...) his
pleasant vacuous face wrinkled in a travesty of deep thought”
(Police at the Funeral,
1931, La polizia in casa).
In
Look to the Lady (1931,
Il segreto della torre)
osserviamo la sua vacuous
face (pp. 25 e 73, Penguin,
1950) che a p. 78 diventa more vacuous than usual.
Poi vediamo la sua pale ineffectual face
(p. 73), quindi la sua abitual expression of affable
fatuity (p. 172) oppure di
complete inanity (p.
58) o ancora di apparent imbecillity
(p. 99). Mr Campion sorride foolishly
a pp. 91 e 98. Poi si mostra more foolish than before
a p. 110 e foolish-looking as ever
a p. 172, ma dev'essere per via del suo almost imbecile
smile (p. 269). Tanto che a un
certo punto Penny non può fare a meno di dirgli: Albert,
you're an idiot (p. 110).
Questo per dire che
non si tratta di riferimenti sporadici. Allingham lo fa apposta. Che
si tratti di larvato femminismo o che Campion nasca come parodia di
Lord Peter Wimsey, il personaggio creato da Dorothy Sayers, sta di
fatto che il nostro non è il prototipo né del genio deduttivo,
né del maschio rubacuori e travolgente.
La verità è che lei non voleva farne un personaggio fisso. In The Crime at Black Dudley è una figura di contorno. Diventerà protagonista più tardi, anche su cortese spinta del suo editore americano (Doubleday). E quando il tuo editore americano ti suggerisce qualcosa, in genere non stai a discutere più di tanto. Il problema vero è che non puoi andare avanti per 19 romanzi e 32 racconti (tra il '29 e il '68) a raccontare le vicende di uno che è sostanzialmente un cretino. Allora Campion cambia, con gli anni diventa più serio, si sposa, fa un figlio, a volte perde la centralità della narrazione, diventa suo malgrado second fiddle, come dicono gli inglesi.
E poi nel 1941
le viene un colpo di genio. Margery Allingham è stata una
scrittrice versatile, ma non trascendentale. Una scrittrice solida, i
cui romanzi sono ancora tutti in circolazione e vengono regolarmente
ristampati, ma non particolarmente originale. Eppure l'idea di The
Traitor's Purse (1941, L'amnesia del signor Campion) è
fulminante.
Un uomo, accusato
dell'omicidio di un poliziotto, si sveglia in un letto d'ospedale con
la mente totalmente vuota. Riesce a fuggire, ma solo per trovarsi
impelagato in un oscuro intrigo in cui i destini del mondo (o almeno
quelli della Corona) sembrano dipendere esclusivamente da lui, Albert
Campion. Peccato che lui non abbia la minima idea di che cosa si
tratti.
Quando il
sovrintendente Hurst gli chiede spiegazioni lui risponde: “I
can't tell you. (…) Don't you understand? I'm simply unable to tell
you” (p. 71, Penguin, 1973). Ed è del tutto sincero, non è in
grado di dire nulla perché non sa nulla, è una tabula rasa.
Lo stesso capita con Amanda a cui risponde: “I only wish I could
tell you”. E lei lo giustifica subito dicendo: “Yes, well,
you can't. (…) You're under oath and that's final. I don't mind”
(p. 57). Sei sotto giuramento, è chiaro che non puoi parlare con me
dei segreti di Stato. Ci casca anche Lee Aubrey: “I admire your
magnificent reticence, Campion. It's impressive” (p. 88). Anche
se quella che sembra reticenza professionale, in realtà non è altro
che beata ignoranza, insulsaggine, quando non comunissima idiozia.
Il capolavoro del
fraintendimento lo raggiungiamo quando Campion decide di rivolgersi a
Sir Henry Bull (Junior Lord of the Treasury). Sul treno per
Londra incontra uno sconosciuto che gli parla di inflazione, di alto
tradimento e di altri misteriosi pericoli. E Campion manco lo sta a
sentire. Quando finalmente va a bussare alla porta di Sir Henry
scopre che era lui il tizio del treno e pensa di aver fatto una crepa
colossale. Ma l'altro, invece di sospettare di aver davanti un
emerito deficiente, prende su di sé tutta la colpa. “I know
I've been very obtuse,” gli dice. Non avevo mai pensato che
potessero mettere dei microfoni nelle pareti dei vagoni ferroviari,
ma spero di non aver detto nulla di grave, di non aver rivelato dei
segreti (pp. 158-159).
Io me l'immagino a quel punto Campion con la
bocca aperta, la fronte aggrottata e gli occhi rivolti in alto alla
Verdone, che pensa: “Microphones in the wall of railway
carriages? Uh?”.
Poi alla fine
Campion risolve il mistero, ovvero una storia di false sterline da
gettare sul mercato così da provocare inflazione e rovina per
l'economia inglese (siamo in tempi di guerra e un progetto del genere
venne effettivamente tentato dai nazisti sotto il nome di Operazione
Bernhard). Lo so, il finale è deludente. Ma a noi che importa,
abbiamo ritrovato Campion così come l'abbiamo sempre conosciuto. E
Margery ha ritrovato il suo cretino.
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