Avevo letto in italiano Per
chi suona la campana di Hemingway all’epoca del liceo e m’era sembrato un
bel libro. L’ho ritrovato recentemente in edizione originale (Penguin, 1955) e
ho scoperto che:
1) Hemingway fa parlare tutti gli spagnoli come se fossero
dei personaggi della Bibbia (Thou shalt
not kill) o di una tragedia di Shakespeare (“I am a fool. Thou art nothing”
Re Lear, I, 4). La storia si ambienta
sulle montagne tra Madrid e Segovia. Quei poveri montanari analfabeti
probabilmente parlavano un dialetto scarsamente comprensibile. Ma quel perfetto
burino americano di Hemingway (a cui hanno dato il Nobel e a Graham Greene no) pensa che si tratti di un antico
castigliano, il castigliano usato da Quevedo. Quando si dice la cultura!
Per questo tutto il libro è disseminato di (stavo per dire littered with) espressioni come: How do they call thee? (p. 7 e 22) What hast thou in the stomach? (p. 18) Until thou hadst horses thou wert with us.
Now thou art another capitalist more. (p. 19) Hast thou seen what thou needest? (p. 39) Thou wilt blow no bridge here. (p. 53). Robert e Maria sono soli,
infilati nel sacco a pelo, e lui le dice: Thou
art very beautiful now. (...) Thou hast a lovely body. (p. 156) Potrei
andare avanti così per pagine e pagine. Thinkest
thou that thy entry carries importance? (p. 253) If thou hadst seen it thou woudst not call it a novel. (p. 284). Oh, I love thee very much. Thou and thy
whisky I could not have. What a pig thou art. (p. 325) Thou, Sanchez. Thou commandest in my place. (p. 356). Thou understandest (...). (p. 378). I will do as thou orderest. (p. 385).
Va da sé che tutti questi dialoghi sono tradotti in italiano
corrente e quindi il lettore italiano non può rendersi conto di nulla.
2) Quel perfetto buzzurro americano di Hemingway (a cui
hanno dato il Nobel e a Borges no) decide inoltre di intercalare alcune
espressioni tipiche spagnole, giusto per buttarla un po’ sul pittoresco, e per
fare questo le traduce alla lettera.
Menos mal diventa
così Less bad (p. 17, 62, 138, 145 e
275). Fue un placer si trasforma in I received a pleasure (p. 44). ¿Te divertiste anoche? viene reso con Did you divert yourself last night? (p.
77). ¡Qué barbaridad! diviene What a barbarity! (p. 47) o in
alternativa How barbarous! (p. 114).
E alla fine la migliore di tutte: ¿Qué
pasa contigo? che trionfalmente e più volte viene tradotto con What passes with thee? (p. 88, 214, 215
e 296).
Ora, voi lo sapete, a me non piace battere attorno al
cespuglio (to beat around the bush),
a me piace parlare tacchino (to talk
turkey), sciogliermi i capelli (to
let my hair down), scendere giù fino ai pomelli d’ottone (to get down to brass tacks), fare un
petto pulito di tutto questo (to make a
clean breast of it) e, se solo Hemingway fosse ancora vivo e scalciante (alive and kicking), non esiterei a
dargli un pezzo della mia mente (a piece
of my mind) e a dirgli che questa è una delle cose più stupide che abbia
mai letto in vita mia.
Va da sé che nella versione italiana tutto questo non si
nota.
3) Quel perfetto bifolco americano di Hemingway (a cui hanno
dato un Nobel non per l’opera nel suo complesso, ma per un unico libro di cento
e qualcosa pagine, intitolato Il vecchio
e il mare) probabilmente non sapeva
lo spagnolo o quantomeno non riteneva importante essere preciso con lo
spagnolo. Lo si deduce dal fatto che scrive aburmiento
invece di aburrimiento (p. 46), Arriba España! Invece di ¡Arriba España! (p. 109),
siga invece di sigue (p.
229), déjamos invece di déjame (p. 258), aguantarse invece di aguantar
(p. 282), aspesar invece che a pesar (p. 392). Senza contare coma fué, como so fuera, mat, qué pa che
potrebbero essere dei semplici refusi.
Va da sé che nella versione italiana (quasi) tutti questi
errori vengono corretti e quindi non si percepiscono.
4) Nel libro tutti i possibili termini offensivi o volgari
sono cancellati. Ovvero, come dicono gli inglesi, il libro sembra bowdlerizzato. Ma non si tratta di censura, è stato lo stesso Hemingway a
scriverlo così nella speranza di riuscire a venderlo al pubblico più ampio dei
Book Club. E così per tutto il testo
troviamo insopportabili espressioni del tipo: you lazy drunken obscene unsayable son of an unnameable unmarried gypsy
obscenity (p. 35), go then
unprintably to the campfire with your obscene dynamite (p. 46) unprintable hunger (p 46), care for thy umprintable dynamite (p.
47), where the un-nameable is this
vileness I am to guard? (p. 91), then
go and befoul thyself (p. 91), go and
obscenity thyself (pp. 204 e 420), go
and befoul them (p. 208), where the obscenity
have you been? (p. 262), to obscenity
with all fascism good (p. 269), obscenity
them, oh God and the Virgin, befoul them (p. 282), go defile thyself (p. 285), oh
muck my grandfather and muck this whole treacherous muck-face mucking country
(...) (p. 349), I obscenity in the
midst of the holy mysteries that I am alone (p. 352), go obscenity yourself (p. 374), obscene
your trasmission (p. 388), obscenity
thy orders (p. 389). E poi la migliore di tutte: go the unprintable and unprint thyself (p. 47). È la migliore
perché ci vorrebbe McLuhan per capire
come si fa a “distipograficizzarsi”. O ci vorrebbe almeno l’Arcivescovo di
Costantinopoli.
Come se non bastasse c’è tutta la serie di me cago en la leche, un’espressione
comune in Spagna con riferimento ai genitori (me cago en la leche de tus padres) o alla madre (me cago en la leche de tu puta madre) in
cui leche sta per latte materno, ma sta anche a
significare sperma. In italiano si
può rendere con al diavolo, all’inferno oppure me ne frego di... Quel genio di Hemingway la traduce alla lettera
e poi la censura. Il risultato è che abbiamo I obscenity on the milk (p. 262), I obscenity on the milk of
your tiredness (p. 91) ...on the milk
of your fathers (p. 109)... on the
milk of your Republicanism (p. 109)... on
the milk of the Republic (p. 118)... on
the milk of thy shame (p. 136)... on
the milk of all of you (p. 137) ... on
the milk of thy cowardice (p. 207)... on
the milk of science (p. 407). Senza contare alcune raffinate varianti come I besmirch on the milk of thy duty (p.
91) e I un-name on the milk of their
motors (p. 91).
La cosa è tanto più strana se si considera che nel libro
compaiono comunque alcune parole scorrette. Abbiamo damned gun a p. 254 e damned
careful a p. 350. Abbiamo un god-damn
a p. 171, un son of a bitch a p. 427,
più tutta una serie di whore (pp. 294
e 406) e di hell (pp. 57, 91, 168,
388 e 420). Dunque non è hell la
parola incriminata. Evidentemente è fuck.
Il che è dimostrato chiaramente a pagina 353 dove si parla di fornicating wire (che viene tradotto in
italiano con porci fili), ma
soprattutto a pag. 294 dove troviamo la frase The fornicator ducked back. Il termine censurato qui sarebbe fucker ovvero stupido, stronzo, volendo
essere casti si potrebbe rendere con “quel maledetto”. La cosa purtroppo sfugge
anche alla traduttrice italiana che traduce piatta piatta: Quel fornicatore è stato svelto a buttarsi giù (Mondadori, 1996, p.
331). Ora, immaginate la scena. Siamo durante la guerra civile spagnola, un
montanaro analfabeta spara al nemico, lo manca perché quell’altro si accuccia e
lui, con tutto l’aplomb del mondo,
arriva a dire: Affé mia, quel fornicatore
s’è mostrato ben svelto di gambe. Neanche
fossimo in uno sketch dei Monty Python!
Va da sé che di tutta questa bowdlerizzazione nella versione italiana non c’è traccia.
5) Ora, io non ce l’ho coi traduttori. È dal giorno in cui
mi sono trovato a fare il traduttore che ho smesso di prendermela con i
traduttori. So che è un mestiere duro. Tendenzialmente non un mestiere per gente
perbene. La traduttrice di Per chi suona
la campana per Mondadori, Maria Napolitano Martone, ha fatto un ottimo
lavoro. Ha fatto esattamente quel che bisognava fare. Certo, tradurre I befoul myself in the milk of the
springtime (p. 91) con Io caco nel
sugo della primavera (p. 101 dell’edizione italiana) non è stata
esattamente un’idea brillante, ma non è colpa sua se l’originale è così
ridicolo.
Dirò di più, Maria Napolitano Martone non solo ha fatto un
ottimo lavoro, ma è riuscita addirittura a migliorare il libro. Considerate
questa frase: “È vero che faremo saltare
un ponte e poi dovremo scappare da questi monti come cani fottuti?” (p.
51). Secco e asciutto come solo Hemingway sa essere, vero? Peccato che
l’originale dica così: “[Is it true] That
we blow up an obscene bridge and have to obscenely well obscenity ourselves off
out of these mountains?” (p. 47).
Eppure, con tutto questo, il libro è stato tradotto bene. O meglio è stato tradotto nell’unico modo
possibile. È questa la tragedia.