LOU-McC
Dearest (1983)
Il primo libro
di Loughran s’intitola The Train Ride ed
è del 1967. Poi più nulla fino al 1983 con Dearest
(a cui faranno seguito soli altri due titoli). I dati anagrafici di Loughran,
peraltro, sono scarsi e disparati. Tutto questo basta perché nella mente di un
critico francese, un perditempo di nome Thierry Cazon, si faccia strada
un’ipotesi. Loughran ricomincia a scrivere nel 1983 che è esattamente il
momento in cui smette di scrivere James Hadley Chase. E come tutti sanno, i
libri di James Hadley Chase non li ha mai scritti James Hadley Chase, ma il suo
amico Graham Greene. Dunque...
Ora, vi dirò la
verità. Se questo libro è stato scritto da Graham Greene io sono Papa Giovanni
Ventitreesimo. Dearest non è soltanto
scritto male, ma è pensato male. Per tutta la prima parte seguiamo con fatica i
pensieri più intimi di un tassista inglese. Un uomo che ci tiene a farci sapere
la sua opinione su tutto, sulle donne, sulla politica, sul tempo,
sull’immortalità dell’anima, sulle pulizie domestiche. E in particolare sulla
sua donna che sì, sarà pure una sbandata, stronza, vagamente ninfomane, ma non
per questo merita di essere massacrata e poi sepolta nel retro del camino di
casa. Quando arriviamo a capire che quelle che stiamo leggendo sono le memorie
di un assassino psicopatico ormai è fatta. Il personaggio è sgradevole, il
libro pure. E non c’è redenzione possibile. Ora, quando tornate a casa e
trovate il vostro critico francese preferito, dategli pure uno schiaffo. E ditegli
che quello è lo schiaffo del Papa. Cioè il mio.
Un beso de amigo (1980) – Un trabajo facil (1984) – Flores
el gitano (1989)
E dire che a me
Juan Madrid era simpatico. Días contados (1993)
non era un brutto libro. E la raccolta di racconti Un trabajo facil è piena di squarci interessanti, vicende appena
accennate, atmosfere intriganti. Perfino Un
beso de amigo funziona discretamente. Poi sono arrivato a Flores el gitano. Il numero di pagine
(429) avrebbe già dovuto mettermi in guardia. Il libro, il primo di una serie,
è di fatto un tie-in di una serie
televisiva che in Spagna ha avuto un grande successo. Flores è il capo di una
squadra speciale, è naturalmente il più bravo poliziotto della penisola, ha
naturalmente un carattere di merda, è naturalmente adorato dai suoi
collaboratori tra i quali spicca Carmela, una che si sarebbe facilmente
laureata Miss Universo, ma che invece preferisce rischiare la vita a fare la
poliziotta accanto a Flores. Insomma un diluvio di luoghi comuni in una vicenda
che procede stancamente. Ah, dimenticavo: a un certo punto si capisce che
Flores è teso, molto teso. E Madrid lo definisce “teso come una corda di
violino pronta a strapparsi”. A quel punto manca soltanto che Madrid ci spieghi
che gli occhi sono lo specchio dell’anima.
La position du tireur couché (1981)
Non riuscirò mai
a capire l’entusiasmo (tutto francese) attorno al nome di Manchette. Anche
questo La position du tireur couché
non è male, ma non è esaltante. O comunque non più esaltante dei libri di
Thierry Jonquet, Jean-Bernard Pouy, Didier Daeninckx o Daniel Picouly. L’unica
spiegazione che riesco a darmi è che Manchette è arrivato prima. Lui inizia
negli anni ’70 (gli altri un decennio dopo, Picouly anche più tardi) e questo
può spiegare perché si pensa a lui come al capostipite di una nuova ondata del noir francese. In ogni caso, a leggerlo
adesso, non c’è nulla di esaltante.
Epitaph for a Tramp (1959) – Epitaph for a Dead Beat (1961) –
The Ballad of Dingus Magee, Beeing the Immortal True Saga of the Most Notorious
and Desperate Bad Man of the Olden Days, His Blood-Shedding, His Ruination of
Poor Helpless Females, & Cetera (1965) – Wittgenstein’s Mistress (1988) –
Reader’s Block (1996) – This Is Not a
Novel (2001) – The Last Novel
(2007)
La leggenda
vuole che David Markson, prima di concepire i suoi capolavori, abbia scritto
due o tre romanzetti di genere, giusto per riuscire a pagare l’affitto a fine
mese. Disgraziatamente la verità è un’altra. Markson ha scritto un paio di
gialli decisamente gradevoli (i due Epitaph),
più un’esilarante, irrefrenabile, deliziosa satira western intitolata The Ballad of Dingus Magee. Poi s’è
fatto il viaggio di essere uno scrittore vero (peggio, uno scrittore
postmoderno) e l’ha fatta fuori dal vaso. Wittgenstein’s
Mistress è ancora ancora un romanzo. E la storia di Kate, l’ultima donna
rimasta sulla Terra che ora vive al Louvre (dove brucia le cornici dei quadri
per scaldarsi), al Prado o, più in generale, in giro per il mondo, Un mondo che
è deserto, ma anche stranamente migliorato. Le acque della Senna e del Tamigi,
per esempio, in mancanza di presenze e attività umane, sono tornate potabili.
Gli ultimi tre
titoli, invece, non sono più neppure dei romanzi. Sono “an assemblage,
non-linear, discontinuous, collage-like” come li definisce lo stesso Markson.
Di fatto sono un centone di aneddoti. Una caterva di trivia, come li chiamano gli americani, ma non sulla figlia del
fornaio o sul farmacista bensì su artisti, pittori, scrittori, musicisti e
quant’altro. Scopriamo così che Arnold Schoenberg e George Gershwin erano
compagni di tennis. Che Shakespeare e Cervantes sono morti apparentemente lo
stesso giorno, il 23 aprile 1616 (in realtà a dieci giorni di distanza per via
dei differenti calendari). Che la prima traduzione inglese di Madame Bovary è stata fatta da una
figlia di Karl Marx. Che Auden definiva Rilke “la più grande poetessa lesbica
dopo Saffo”. Che Kandinskij, Tennyson, Nietzsche e Maria Callas erano miopi.
Che Montaigne non sapeva nuotare e sfortunatamente neanche Shelley. Che
Wittgenstein suonava il clarinetto e Malcolm Lowry l’ukulele. Che Kipling è
stato (probabilmente) il primo scrittore a possedere un’automobile. E Conan
Doyle (probabilmente) il primo inglese a prendere una multa per eccesso di
velocità. Che al funerale di Musil erano presenti solo otto persone. Appena a
tre a quello di Stendhal. E una sola al funerale di Leibniz (il suo
segretario). Che Prokofiev muore lo stesso giorno di Stalin. Aldous Huxley lo
stesso giorno di John Fitzgerald Kennedy. E Nathanael West lo stesso giorno di
Francis Scott Fitzgerald (e i due erano stati a cena assieme appena una
settimana prima). Insomma, più che romanzi, sono delle miniere d’oro per i
redattori della “Settimana enigmistica”. In particolare per le rubriche Spigolature, Strano, ma vero e Forse non
tutti sanno che.
Acerca de Roderer (1993) – La muerte lenta de Luciana B. (2007)
Di Martínez avevo
già letto Crimenes imperceptibles (portato
poi al cinema da Alex de la Iglesia col titolo Los crimenes de Oxford) e m’era piaciuto. Io, del resto, ho un debole per
gli scrittori che hanno studiato matematica, quindi con me Martínez gioca
facile. Acerca de Roderer, la sua
opera prima, è un bel romanzo di
formazione/dissoluzione. Nel senso che il protagonista alla fine andrà a
studiare logica a Cambridge, mentre Roderer morirà in preda alla follia. Si gioca
a scacchi, si discute di indecidibilità, si parla del teorema di Gödel e di
quello di Seldom (che è anche il nome del professore di Los crimenes de Oxford, cosa che fa di questo romanzo quasi un prequel). Con La muerte lenta de Luciana B., invece, precipitiamo nel buio fitto.
Luciana B. è convinta che il celebre scrittore Kloster voglia ucciderla. E che
nel recente passato le abbia già ucciso un fidanzato, un fratello, la madre
ecc... Kloster, da parte sua, nega l’ipotesi e ha gioco facile nel dimostrare
che tutte quelle morti sono accidentali. E il bello è che il libro alla fine
non scioglie il dubbio. Si dà il caso cioè che l’espressione “Kloster ha ucciso
il fidanzato di Luciana B.” non sia né dimostrabile, né confutabile all’interno
del libro. Ovvero che sia indecidibile. Un po’ come lo è l’aritmetica di Peano
secondo il teorema di Gödel. Non vi avevo detto che Martínez ha studiato
matematica?
Frost Rides Alone (racconto, 1930) – The Mopper-Up (racconto, 1931) – Bombs for the General (racconto, 1932) – Trapped by Silver (racconto, 1933)







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