venerdì 27 marzo 2015

Libri letti ultimamente BRA-COH


BRA-COH


Brackett, Leigh
No Good from a Corpse (1944) – The Long Tomorrow (1955) – An Eye for an Eye (1957) – Mommies and Daddies (racconto, 1974) – Stark and the King (racconto, 2005)

Leigh Brackett ha scritto un mucchio di space opera, un genere che malauguratamente mi lascia freddo. The Long Tomorrow, invece, è un postapocalittico che parte bene, sembra quasi un grande romanzo di formazione, ma poi, una volta arrivati nella città-miraggio di Bartorstown, si perde miserevolmente. A parte questo Brackett ha scritto anche dei gialli. La leggenda vuole che Howard Hawks, al momento di mettere in piedi Il grande sonno, chiedesse alla produzione di assicurarsi il talento “of the guy who wrote No Good from a Corpse”. Il fatto che Leigh Brackett in realtà sia una donna non ha impedito alla ragazza di fare una discreta carriera come screenwriter. E soprattutto non ha impedito ad Altman di chiamarla, circa 27 anni dopo, per la sceneggiatura de Il lungo addio. Poi, è vero, Brackett ha scritto anche una prima versione de L’impero colpisce ancora, che poi non venne mai girata. Meglio così. Per una che ha passato una vita a lavorare per Howard Hawks, chiudere la propria carriera con un minore come Lucas sarebbe stata una beffa.


Brown, Fredric
The Fabulous Clipjoint (1947) – The Dead Ringer (1948) – A Plot for Murder / Murder Can Be Fun (1948) – What a Mad Universe (1949) – The Bloody Moonlight (1949) – The Screaming Mimi (1949) – Compliments of a Fiend (1950) – Here Comes a Candle (1950) – Night of the Jabberwock (1950) – Dark Interlude (con Mack Reynolds, racconto, 1951) – The Weapon (racconto, 1951) Death Has Many Doors (1951) – Mostly  Murder (racconti, 1952) – We All Killed Grandma (1952) – Space in My Hands (racconti, 1953) – His Name Was Death (1954) – Angels and Spaceships (racconti, 1954) – The Wench Is Dead (1955) – The Mind Thing (1961) – Daymares (racconti, 1968) – The Best of Fredric Brown (racconti, 1976) – Before She Kills (racconti, 1984)

A Fredric Brown non piaceva scrivere. Per lui ogni volta era un tormento. E ogni volta un sollievo quando riusciva a mettere la parola fine a una storia. Il che è strano se considerate che in carriera è riuscito a firmare, tra gialli e fantascienza, 28 romanzi e 287 racconti.
Ma la sua passione segreta è sempre stata Lewis Carroll. Night of the Jabberwock è la storia del direttore di un giornale di provincia, il Clarion, che viene invitato alla riunione segreta dei Vorpal Blades, un’associazione di carrolliani eretici, convinti che Carroll nei suoi libri non abbia inventato nulla, ma abbia descritto realisticamente un mondo alternativo. (Per i non carrolliani bisognerà aggiungere la spada Vorpal è quella con cui viene ucciso il Jabberwock, vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Vorpal.) La casa isolata in cui dovrebbe avvenire l’incontro è ovviamente deserta. Ma al suo interno si trova un tavolino. E sul tavolino una chiave e un’ampolla. E sull’ampolla una scritta: “DRINK ME”. (E qui se avete bisogno di spiegazioni vuol dire che non avete mai letto Alice). Poco importa, alla fine, che tutto questo non sia altro che una decorazione esteriore, una falsa pista, e che il vero plot sia molto più banale. Intanto Freddie Brown si è divertito a montare un finto-Carroll nella provincia americana degli anni ’50. E ci siamo divertiti anche noi.


Cabana, Nacho
La chica que llevaba una pistola en el tanga (2014)

Questo è un romanzo pulp nel senso migliore del termine. Moderatamente violento, saggiamente osé, inconsistente a tratti. Un romanzo che si scrive in fretta e che si legge in fretta. Cabana di mestiere fa lo sceneggiatore di serie televisive per la tv spagnola e per quella messicana (da Medico de familia a Policías en el corazon de la calle), quindi sa come tenere desta l’attenzione, sa quando fermarsi e quando accelerare. Insomma, un romanzo da prendere e buttare. Da lasciare sul sedile del treno prima di scendere. Come ogni buon pulp.



Camus, Albert
L’étranger (1942) – La chute (1956)

Ho una clamorosa notizia per voi: Lo straniero di Camus è un grande romanzo. Lo so che non è una notizia. E che sono io ad averlo scoperto solo adesso. (Ma se comincio con l’elenco dei grandi libri che io non ho mai letto, qui facciamo notte.) Il romanzo resta comunque memorabile. Ma c’è una cosa che forse non sapete. La legge internazionale sul copyright prevede che un libro divenga di dominio pubblico solo a 70 anni dalla morte del suo autore. In Australia di anni ne bastano 50. Camus è morto nel 1960. Questo vuol dire che da loro è scaricabile e che Project Gutemberg Australia può includere legalmente i suoi libri nel catalogo. Cosa che, peraltro, non rende legale il downloading qui da noi. Ma io l’ho fatto.
È vero, ho commesso un delitto, ma è stato in un paese lontano, di là dal mare. Un paese arido, piatto e bruciato dal sole. Un delitto insensato, certo, facile a compiersi, neppure premeditato. Facile quanto un click sulla tastiera. Di cui, però, non porto nessun rimorso. Anzi nessun pensiero. (And besides, the wench is dead).


Cheyney, Peter
Dames Don’t Care (1938)

Peter Cheyney ha scritto tantissimo e ha venduto tantissimo in appena 15 anni di carriera. I suoi personaggi più famosi sono Lemmy Caution e Slim Callaghan. Il primo è un G-Man che per qualche strana ragione si trova sempre a lavorare in Inghilterra. Per questo parla un english-american che solo Cheyney conosceva. Pieno di “usta”, “I reckon”, “boyo” e “palooka”. Il secondo è un investigatore privato con una segretaria innamorata di lui e un aiutante folkloristico. Entrambi bevono come delle idrovore e fumano come se da quello dipendessero le sorti del mondo. Di fatto sono due psicotici che si parlano addosso, che soliloquiano ogni due per tre. (“Cheyney is the Damon Runyon of the crime” aveva scitto The Time, ma è un complimento esagerato). Quando Cheyney non sa più come mandare avanti la storia, prende il suo protagonista, gli mette in bocca una sigaretta, in mano un bicchiere di whiskey e quello, come per incanto, comincia a riepilogare per pagine e pagine tutto quel che è successo fino a un momento prima. Poi arriva sempre qualche donna bella. Molto più che bella. Mortalmente fascinosa. Il suo nome è sempre qualcosa come Querida Gale o Fenella Roque o Dolores Chennault o Tanya de Saurieux o Mayola Ferrival o Musette Lehaye. E lì comincia uno di quei dialoghi che hanno fatto, più recentemente, la fortuna delle soap opera. Quelle cose tipo: Devo dirti una cosa importante/Di cosa mi devi parlare?/Siediti e prendi qualcosa da bere/È qualcosa che riguarda Miranda van Zelden?/Perché dovrebbe riguardare Miranda van Zelden? E così via ad libitum. Va da sé che tutte queste donne si innamorano del nostro eroe per rivelarsi poi, nell’ultima pagina, delle vipere traditrici, nonché spie del Terzo Reich.
A questo punto mi domando e vi domando una cosa. Cheyney in 15 anni di carriera ha prodotto complessivamente 45 libri. Com’è che io ne ho già letti 34 e continuo attivamente a cercare gli altri 11? No lo so, vi giuro che non lo so. Ne ho parlato anche col mio analista, ma neppure lui sembra avere delle risposte convincenti.


Cohen, Marcelo
Hombres amables (1998) – Neutralidad (2012)

Non so se son cascato male (e questi due libri non sono rappresentativi più di tanto) oppure se non ho avuto pazienza (Neutralidad non è male, Hombres amables non sono nemmeno riuscito a finirlo), però Marcelo Cohen non m’ha fatto una grande impressione. Giornalista e traduttore, oltre che romanziere, Cohen è probabilmente più colto e profondo di quanto mi sia sembrato a prima vista. Il suo genere è scarsamente definibile. È vicino alla fantascienza, ma ha molto a che vedere con la speculazione intellettuale. Forse ci voleva più pazienza.

venerdì 20 marzo 2015

Libri letti ultimamente ABA-BIO


Da quando mi hanno regalato un Kobo la mia vita è cambiata. Ho contratto una malattia che va sotto il nome di “frenesia di scarico” (“downloading spree”). Negli ultimi quattro mesi ho già scaricato tanti libri da bastarmi per una vita intera. Il fatto che ne legga almeno uno al giorno non basta. Ne leggo uno e ne scarico dieci. Non c’è soluzione.

Poi c’è un altro problema. Un libro di carta è un oggetto fisico. Lo apri, lo sfogli, lo metti a scaffale. Lo metti in archivio. Lo metti a morte. Così come fa il collezionista di farfalle quando infilza il corpo delle sue vittime. Così come fa Leporello quando, per conto di Don Giovanni, mette le sue conquiste a catalogo. Con i libri elettronici tutto questo non si può fare

Per questo ho deciso di mettere qui il catalogo dei libri che ho letto negli ultimi mesi. L’ordine è quello alfabetico per autore. Va da sé che non li ho letti in quell’ordine. Quello era l’autodidatta di Sartre.

 ABA-BIO


Abad Faciolince, Héctor
Asuntos de un hidalgo disoluto (1994)

Abad Faciolince scrive romanzi brevi. E in un’epoca in cui anche l’ultimo degli scrittori di thriller si sente in dovere di non andare sotto le 400 pagine, questo è già un merito. Abad Faciolince scrive romanzi lievi. Il suo Trattato di culinaria per donne tristi è un miracolo di leggerezza. Con Asuntos de un hidalgo disoluto (il suo primo romanzo) raggiunge livelli di rarefazione inaspettati.
Gaspar Medina è un uomo vuoto. Un uomo senza qualità e senza difetti. Uno che non beve, non fuma. Uno che, da adolescente, s’inventa i peccati da dire al confessore per non metterlo in sospetto. E subito dopo confessa l’unico peccato che ha realmente commesso: quello di aver mentito. Medina è disoluto non perché sia perverso, ma al contrario perche è etimologicamente sciolto, separato dal resto del mondo. Ricco di famiglia e quindi lontano dalle angustie economiche e dal lavoro, Medina è ovviamente celibe e sterile (arriva pure a farsi vasectomizzare) e quando, all’alba dei 72 anni, sposa la sua segretaria Cunegunda Bonaventura, per la prima notte di nozze ingaggia il figlio della cuoca. Medina è uno che si crede santo, che vorrebbe essere un angelo.
A pagina 53 confessa: “Me ha gustado más el labio que el beso, más el gesto que la mano, más la sonrisa que el gato”. Ecco, nei romanzi di HAF resta sempre il sospetto che non ci sia il gatto, che non ci sia il romanzo, che non stia parlando di niente, che ti stia prendendo in giro. Ma quel che è certo è che rimane il sorriso.

Aleas, Richard
Little Girl Lost (2004)

Il libro di Aleas esce nel 2004 per Hard Case Crime, che è anche la casa editrice fondata dallo stesso Aleas. E questa normalmente non è una buona notizia. Però il romanzo non è male, è solo un po’ ovvio. Il protagonista è un detective privato con la faccia da ragazzino (ha ventinove anni, ma gli chiedono ancora i documenti all’ingresso di uno strip club). La vittima è la sua fiamma dei tempi del liceo, ora diventata una stripper. Il cattivo è un trafficante di droga, grasso e con un nome straniero. Insomma sa tutto un po’ di muffa, di bei tempi andati. Anche il colpo di scena finale lo vedi arrivare già cinquanta pagine prima. Poca fantasia e poca originalità, a cominciare dal nome del protagonista: John Black.


Allais, Alphonse
À se tordre (45 racconti, 1891) – Vive la vie (28 racconti, 1892) – Pas de bile! (39 racconti, 1893) – Le parapluie de l’escouade (39 racconti, 1893) – Rose et vert-pomme (44 racconti, 1894) – Deux et deux font cinq (63 racconti, 1895) – On est pas de boeufs (45 racconti, 1896) – L’arroseur (26 racconti, 1897) – Le bec en l’air (51 racconti, 1897) –  Amour, délices et orgues (47 racconti, 1898) – Pour cause de fin de bail (52 racconti, 1899) – L’affaire Blaireau (1899) – Ne nous frappons pas (58 racconti, 1900) – En ribouldingant (36 racconti, 1900) – Le Captain Cap, ses aventures, ses idées, ses breuvages (54 racconti, 1901) – Le boomerang ou Rien n’est mal qui finit bien (1912) – À l’oeil (41 racconti, 1921) – Un curieux point de droit criminel  (40 racconti, 1956) – Contes humoristiques (39 racconti, 2008) – Faits divers (81 racconti, 2013).

Allais gioca con le parole e col mondo. Quando parla di pneumatici non può fare a meno di ricordare il “pneu Mony”, ma soprattutto il “pneu gordien” quello che non lo taglia neanche Alessandro Magno. Quando gioca col mondo mette assieme cose che non c’entrano l’una con l’altra. I francesi hanno un’espressione per questo: le mariage de la carpe  et du lapin. Ma lui fa di più. Si domanda cosa verrebbe fuori dal matrimonio tra un lupo (loup) e una foca (phoque) e il risultato è loufoque. Che è un po’ il segno di tutta la scrittura di Alphonse Allais.


Arlt, Roberto
El juguete rabioso (1926) – Aguafuertes porteñas (1933) – Un viaje terrible (1941) – El jorobadito y otros cuentos (racconti, 2003)

L’impronunciabile Roberto Arlt era un geniaccio argentino dotato di grande finezza d’osservazione e di grande capacità di scrittura. Tra il 1928 e il 1942 lavora per El Mundo (e da quei pezzi deriva anche Aguafuertes porteñas) e racconta con acidità, disincanto, amore e compassione la vita di Buenos Aires. Il suo stile ricorda un po’ quello di Pitigrilli che peraltro proprio in Argentina, dal 1948 in poi, avrebbe scritto pezzi analoghi (per stile) per il quotidiano La Razon. Naturalmente portato a sinistra (come Pitigrilli) finisce a destra. O quantomeno viene rifiutato dalla sinistra. Grottesco il suo scambio di opinioni con Rodolfo Ghioldi, burocrate del partito comunista, dopo la pubblicazione di un pezzo di Arlt su Bandera Roja, ritenuto fuori linea. Recentemente in Argentina c’è un revival di Arlt (Ricardo Piglia è in gran parte responsabile di questo), ma faccio fatica a condividere l’entusiasmo. El juguete rabioso è un romanzo volgare nel senso bello del termine. Nel senso che è felicemente amorale e per nulla piagnone (per quanto s’ambienti negli strati più poveri della popolazione di Buenos Aires). Disgraziatamente non è un romanzo, è una serie di racconti messi assieme, legati appena da uno stesso protagonista.


Aub, Max
Crimenes ejemplares (1957)

Max Aub ha scritto tanto, ha viaggiato tanto, è scappato da tanto. Di una sua prolissa serie di romanzi ambientati in Spagna durante la guerra civile ho letto solo Campo abierto. Della sua esperienza in campo di concentramento ho letto solo Manuscrito Cuervo. Degli altri suoi titoli ho letto solo Las buena intenciones di cui non conservo un gran ricordo. Ma questi Crimini esemplari (in italiano sono usciti per Sellerio) sono folgoranti. Sono una ghirlanda di minuscole schegge grondanti crudeltà e disprezzo.
Ne cito soltanto una: “Era un imbecille. Gli avevo detto e spiegato la strada da fare con la massima chiarezza. Era semplicissimo. Doveva solo attraversare la Reforma all’altezza del quinto isolato. E tutte e tre le volte lui s’era sbagliato nel ripeterlo. Gli avevo fatto un prospetto chiarissimo. E lui era rimasto lì a guardarmi con aria interrogativa: «Be’, non so». E poi aveva alzato le spalle. C’era da ammazzarlo. Lo feci.”


Barbara, Charles
L’assassinat du Pont Rouge (1885)

Dovrebbe essere, storicamente, il primo romanzo poliziesco francese. È per questo che l'ho letto, ma sinceramente non ne vale la pena.


Bioy Casares, Adolfo
Un modelo para la muerte (con Jorge Luis Borges, 1946) – El libro del cielo y del infierno (con Jorge Luis Borges, 1960) – El lado de la sombra (racconti, 1962) – Dormir al sol (1973) – La aventura de un fotógrafo en La Plata (1985) – Un campeón desparejo (1993) – Máscaras venecianas (racconti, 2003)

Adolfo Bioy Casares ha avuto una grande fortuna nella vita: quella di essere stato amico e collaboratore di Jorge Luis Borges. Allo stesso tempo ha avuto una grande disgrazia nella vita: quella di essere stato amico e collaboratore di Jorge Luis Borges. Se non ci fosse stato Borges ora parleremmo di lui come di uno dei grandi del Novecento. Disgraziatamente la figura di Borges lo mette in prospettiva, lo rappetisse. Non che lui se ne facesse un cruccio. ABC era troppo impegnato a vivere per preoccuparsi del suo posto nella storia della letteratura. Più mujeriego che intellettuale. Più bon vivant che studioso. Ma splendido e misterioso autore di racconti (perfino Cortázar gli rende omaggio in Diario para un cuento e Cortázar è un altro che di storie brevi se ne intendeva). Senza contare che lui, a differenza di Borges, almeno qualche romanzo l’ha scritto. E che L’invenzione di Morel è un colpo di genio ineguagliato.