giovedì 25 luglio 2013

Gli intraducibili (1): Damon Runyon


Ci sono libri difficili da tradurre perché il loro autore si è preso la briga di renderli tali, piegando a suo piacere il linguaggio. Finnegans Wake, per dirne uno.
E ci sono autori difficili da tradurre (in italiano) semplicemente perché in italiano vengono male. Uno di questi è Damon Runyon.

“I know Irma Teak when she is a show doll at the old Winter Garden, and I also know the doll by the name of Mazie Mitz, who is a Floradora revival, and who makes a score of maybe three hundred G’s off a guy who has a string of ten-cent stores, and three hundred G’s is by no means hay. But Mazie Mitz finally hauls off and runs away with a saxophone player she is in love with and so winds up back of the fifteen ball.” (Broadway Financier, compreso nella raccolta More Than Somewhat)

Questo brano è difficile da rendere in italiano per tre motivi.

1)   Le espressioni gergali. L’edizione Albatross del 1938 di More Than Somewhat, quella Imprimé en Allemagne, quella con la copertina arancione (che sarebbe stata copiata poi pure da Penguin), quella che riporta Leipzig-Paris-Bologna come luoghi d’origine, assieme alla scritta “Not to be introduced into the British Empire or the U.S.A.”, insomma il numero 376 della Modern Continental Library della Albatross si chiude con un breve glossario a uso di tutti coloro che, pur di lingua inglese, si fossero trovati in difficoltà con le espressioni gergali usate da Runyon. Scopriamo così che “Floradora revival” sta per “spettacolo di burlesque” e che “back of the fifteen ball” vuol dire tornare a lavorare per meno di quindici dollari alla settimana. Va da sé che in italiano non c’è modo di rendere queste espressioni se non nella maniera piatta che ho appena citato. (Per “hay”, invece, si potrebbe usare “briciole” o “brustolini” o un altro equivalente.)
2)   Runyon in tutti i suoi racconti usa quasi esclusivamente il tempo presente. Qui sta parlando dei colpi (scores) messi a segno nel passato da alcune ragazze (dolls) ovvero dei soldi che sono riuscite a farsi regalare dai loro fidanzati/amanti. Questo non spinge Runyon a usare il passato remoto o l’imperfetto. Quindi non potete tradurre “Conoscevo Irma Teak all’epoca in cui faceva la corista al vecchio Winter Garden e conoscevo anche una pupa di nome Mazie Mitz che lavorava nel Burlesque ecc...”. Ma vi tocca tradurre: “Conosco Irma Teak quando fa la corista al vecchio Winter Garden ecc..” Il che non va bene, vi dirà il vostro editore, perché così l’italiano non scorre e non c’è nulla che rovini il sonno di un editore quanto la constatazione che l’italiano non scorre, qualunque sia l’originale da cui si parte.
3)   Runyon non usa mai le contrazioni. Il suo anonimo narratore racconta quel che vede con l’aria di un bambino innocente, a volte fintamente innocente, a volte inspiegabilmente innocente (if not outright stupid). Questo vuol dire che, per quanto usi molte espressioni gergali, non dice mai I’m, It ain’t, I don’t. Al contrario sillaba per bene tutte le parole come se fosse alle prese con una lingua imparata in tarda età e quindi dice sempre I am, It is not, I do not. Considerato che questo tipo di contrazioni in italiano non esiste, è piuttosto difficile far notare al lettore italiano che qualcosa che non esiste, effettivamente non esiste. (Da notare che G’s non è una contrazione ma è il plurale di Grand che equivale a mille dollari.)


Naturalmente l’intraducibile Runyon è uscito (non so con quali risultati) anche in versione italiana. Dal dopoguerra in poi è Longanesi a proporlo per la traduzione di Marcella Hannau (ebrea, moglie di Corrado Pavolini, traduttrice anche di Mansfield, Hammett, Allingham, Stout, ma questa è un’altra storia...). Oggi comunque fareste fatica a trovare qualcosa di suo in libreria.
Online si trova invece un bell’articolo di Adam Gopnik uscito nel 2009 per il New Yorker intitolato Talk it up e il testo in inglese di tre raccolte di racconti che vanno sotto il titolo di Damon Runyon Omnibus

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