venerdì 27 novembre 2015

TOP16




TOP16

Da fine novembre (circa) 2014 a fine novembre di quest’anno ho letto 310 romanzi, 56 raccolte di racconti, 41 racconti sparsi, oltre a una ventina di titoli tra saggistica e varia. Lo dico un po’ per farmi bello (si pensa sempre bene di uno che legge tanto) e un po’ per avvisare il mio analista che nei prossimi giorni mi farò vivo.


Questa è la mia TOP16.

1) Bonsai (Alejandro Zambra, 2006, Cile) (ed. it. Bonsai, Neri Pozza, 2007). Nel Giardino dei sentieri che si biforcano, Borges racconta la storia del governatore Ts’ui Pên, autore di un libro e di un labirinto. Tutti pensavano che si trattasse di due cose distinte e invece erano una cosa sola. Allo stesso modo, qui, Alejandro Zambra scrive un libro e cura un bonsai. E sono una cosa sola.

2) Abril rojo (Santiago Roncagliolo, 2006, Perù) (ed. it. I delitti della settimana santa, Garzanti, 2008). Vedi

3) The Haunted Hikikomori (Lawrence Pearce, 2011, Inghilterra). Vedi

4) Elena sabe (Claudia Piñeiro, 2006, Argentina). Vedi

5) Dept. of Speculation (Jenny Offill, 2014, USA) (ed. it. Sembrava una felicità, NNE, 2015). Vedi

6) Luna caliente (Mempo Giardinelli, 1983, Argentina) (ed. it. Calda luna, Rizzoli, 1987). Vedi

7) El amante de Janis Joplin (Élmer Mendoza, 2001, Messico). Vedi

8) Beautiful Ruins (Jess Walter, 2012, USA) (ed. it. Ricorda di non dimenticarmi, Newton Compton, 2015). Tra l’Italia anni ’60 (zona Cinque Terre) e l’America di oggi (zona Hollywood), Walter gioca sporco. Voglio dire, vecchio come sono, volete ancora che mi commuova a leggere un libro? Walter c’è riuscito. (P.S. Ma chi fa i titoli delle versioni italiane? Il figlio di Bossi?)

9) Blackout/All Clear (Connie Willis, 2011, USA). Un romanzo fiume (anzi due). Ma Connie Willis può scrivere quel che vuole. I suoi viaggi temporali sono una delizia. Ogni volta che apro un suo libro è come tornare a casa. Ogni volta che lo chiudo mi dispiace sempre un po’.

10) La muerte lenta de Luciana B. (Guillermo Martínez, 2007, Argentina) (ed. it. La lenta fine di Luciana B., Mondadori, 2010). Vedi

11) Maten al léon (Jorge Ibargüengoitia, 1969, Messico) (ed. it. Ammazzate il leone, Feltrinelli, 1984). Vedi

12) Le mystérieux Docteur Cornelius (Gustave Le Rouge, 1912-13, Francia). Vedi

13) Elect Mr. Robinson for a Better World (Donald Antrim, 1993, USA) (ed. it. Votate Robinson per un mondo migliore, Minimum Fax, 2012). Una distopia. Ma Antrim più che distopico è dispotico. Decide lui quel che vuol farti sapere del suo mondo di fantasia. Quel che vuol farti soltanto intravedere. E quel che temi che sia vero e ti sembra troppo orribile, ma è vero. In questo romanzo non decidi nulla, neppure quel che si mangia. Mangiano tutti soltanto pesce.

14) Fup (Jim Dodge, 1983, USA) (ed. it. Fap [sic!], Rizzoli, 1986). Vedi

15) The Lust Lizard of Melancholy Cove (Christopher Moore, 1999, USA) (ed. it. Sesso e lucertole a Melancholy Cove, Elliot, 2010). Vedi

16) Dear Committee Members (Julie Schumacher, 2014, USA). È un libro fatto di tutte e sole lettere di raccomandazione scritte da un annoiato, divertentissimo, smaliziato professore universitario americano. La Schumacher prende un genere minore (la lettera di raccomandazione) e lo trasforma in vera letteratura. Un divertissement, una prova di forza, un pezzo di bravura.


Mancano dall’elenco The Goldfinch di Donna Tartt e Perfidia di James Ellroy perché li ho letti prima di novembre 2014. Manca anche Purity di Jonathan Franzen perché non ho ancora finito di leggerlo. E manca pure Preparation for the Next Life di Atticus Lish ed è un peccato perché un po’ mi aveva illuso. Lei è un’immigrata clandestina, cinese e pure musulmana. Lui è un reduce da una delle ultime guerre e per dormire prende tranquillanti. Il libro parte bene. Ogni frase è carica di tensione. E questo perché “ogni parola conta” (come direbbe Gordon Lish). Peccato che poi Atticus si perda in interminabili descrizioni di avvenimenti di nessuna rilevanza. Le sue passeggiate per New York sono in tempo reale. Se durano venti minuti, ci vogliono venti minuti a leggerle. Quando si ferma davanti a un muro ci tiene a trascrivere tutte le frasi che ci stanno scritte sopra. Io me l’immagino Atticus, col suo taccuino, davanti al muro, che le copia coscienziosamente e pensa con un sorriso da gatto Felix: “Queste le metto nel libro”. Peccato che non vogliano dire nulla. Dobbiamo aspettare trecento pagine circa perché succeda finalmente qualcosa (il figlio della padrona di casa prende a botte una prostituta).
Atticus Lish è il figlio di Gordon Lish, il celebre, dittatoriale, insopportabile, geniale editor americano. L’editor di Don DeLillo (tra gli altri), ma soprattutto l’uomo che ha trasformato Raymond Carver nello scrittore Raymond Carver. Una potenza nell’editoria statunitense. Atticus (il nome viene dal protagonista del Buio oltre la siepe) giura di non aver sfruttato in nessun modo l’influenza del padre per arrivare a pubblicare. Possiamo credergli. Se solo Gordon Lish ci avesse messo le mani, l’avrebbe ridotto della metà. Il romanzo alla fine non è brutto, ma papà Gordon ne avrebbe fatto un capolavoro.