Al regime fascista non piacevano i gialli. Al punto che
nell’ottobre del ’41 li dichiara fuorilegge. In un paese in cui non esistevano
malviventi, perché la polizia li aveva tutti messi in galera, che senso potevano
avere quelle storie di sangue e di delitti? Certo che se piacevano (e
piacevano) e se qualcuno insisteva a scriverli si poteva sempre scegliere
un’ambientazione straniera (Scerbanenco e D’Errico) o almeno dei colpevoli non
italiani (De Angelis). Scerbanenco sceglie Boston e prende come protagonista un
timido (troppo timido) archivista di nome Arturo Jelling. I cinque romanzi (sei
con l’aggiunta del recentemente ritrovato Lo
scandalo dell’osservatorio astronomico) non sono trascendentali, Jelling è
davvero indisponente con i suoi “mi scusi” e “non vorrei proprio disturbare” e
“permettete ancora una domanda”. Gli intrecci sono anche avvincenti, ma
sostanzialmente i libri non valgono quelli contemporanei di D’Errico e di De
Angelis. Di fatto se Scerbanenco non avesse scritto tutto il resto (e soprattutto
Duca Lamberti), adesso non staremmo neanche qui a parlarne.
Trovo per caso su una bancarella il 9° Supergiallo
Mondadori (giugno 1941), 5 grandi romanzi inediti a 12 lire, che contiene Segni particolari: nessuno di Ezio
D’Errico, mai più ristampato in seguito. Solido come al solito, sempre troppo
debitore del calco simenoniano, ma piacevole. Un altro dei cinque romanzi è Nessuno è colpevole di Scerbanenco che
avevo già nell’edizione Sellerio. Allora mi metto a confrontare i due testi e
scopro che...
1) Nell’originale si danno tutti del voi, così come voleva
il regime, mentre nella versione Sellerio si passa al lei. L’operazione è un
po’ macchinosa, in più al revisore ogni tanto sfugge qualcosa perché a pagina
38 (M38) “l’errore che volevate commettere” resta tale e quale nella versione
Sellerio (S118). E lo stesso con la frase “un’altra promessa che non
manterrete” (M46) che non cambia in S146. Il passaggio al lei non risparmia
neppure i rapporti tra Jelling e il professor Berra che sarebbe poi il
narratore dell’intera storia. I due sarebbero amici, ma per il revisore
Sellerio questo non conta e quindi dal tu dell’originale passa anche qui al
lei.
2) Nell’originale i personaggi hanno tutti nomi italiani.
Jelling si chiama Arturo che in Sellerio diventa Arthur. Guglielmo Funt diventa
William Funt ecc... Ma allora perché Giovanni, il cameriere del professor
Berra, rimane Giovanni? E soprattutto perché Enrichetta Funt, invece di
chiamarsi Harriet, diventa Virginia?
3) Alcuni termini o alcune abitudini ortografiche dell’epoca
vengono modificati. Così roccie (M48) diventa rocce (S152), valigie (M50 e M51)
diventa valige (S158 e S159), inglutì si trasforma in “inghiottì saliva” (S119)
e “carta penale” (M34) si trasforma in “fedina penale” (S107). Peccato che poi
l’espressione (“carta penale”) torni fuori in M49 e il revisore Sellerio,
evidentemente sonnacchioso, si dimentichi di correggerla in S156. Lo stesso
capita con diecina (M34) che viene sostituita con decina (S106). Ma non così la
diecina di M64 che resta identica in S202. Del resto siamo al decimo capitolo,
quasi alla fine. Il revisore Sellerio non dormicchia più, è in coma.
4) C’è un altro problema che va sotto il nome di “accordo
del participio d’un verbo composto con avere con l’oggetto anteposto”. Detto in
termini più chiari, capitava che in letteratura, almeno fino alla seconda
guerra mondiale, si preferisse l’uso di “le cose che ti ho dette” in luogo di
“le cose che ti ho detto”. Sembrava più bello così. Oggi scegliamo
definitivamente la seconda versione. Dunque quando Scerbanenco scrive “le
cartucce che vi ha date” (M38) il nostro solerte revisore cambia in “le
cartucce che le ha dato” (S121). Poi s’addormenta e la pagina dopo lascia
passare senza batter ciglio le stesse cartucce che Jelling “aveva scelte nella
scodella” (M39 e S122). E poi le “cartucce che aveva esaminate” (M43 e S136). E
poi le “indagini che aveva eseguite” e le “riflessioni che aveva fatte” (M62 e
S202). Ma parlate piano, il revisore sta dormendo.
5) Il regime non voleva termini stranieri e dunque
nell’originale non ci sono bar bensì mescite. La cosa probabilmente contagia
l’inconscio del revisore. Là dove Scerbanenco scrive “dieci miglia”, lui mette
al suo posto “quindici chilometri”. Forse nel timore che il lettore italiano
non sappia arrangiarsi molto con le miglia americane. E dove Scerbanenco scrive
“cento dollari” (M18) lui cambia in “cento denari” (S56). Una somma discreta,
sia detto tra parentesi. Più del triplo di quanto diedero a Giuda, anche se
quella divisa non è più in corso da tempo.
Insomma l’impressione generale è che qualcuno abbia cercato
di rendere il testo più moderno, più vicino ai nostri gusti, alle nostre
abitudini. Senza tutti quei pesantissimi “voi” e tutti quei fastidiosi Adelmo e
Alessandro. To sex up si dice in
inglese. È il termine che è stato usato per un celebre rapporto inviato a Blair
sulle ipotetiche armi di distruzione di massa di Saddam. Il rapporto non era
falso, era stato solo esagerato un po’, era stato sexed up. Qui l’ispirazione sembra identica. Non si spiega in altro
modo il fatto che la signora che in tribunale si alza ad applaudire (M45)
diventi nella versione Sellerio una signorina (S142).
Buona parte delle correzioni Sellerio sono del tutto
ininfluenti. Ci sono alcuni tagli risibili. Tre righe nel terzo capitolo, due
righe nel quinto. Salta uno spumante a p. 55, due battute di dialogo a pagina
57. Ma senza che sia possibile capirne la ragione. Un bastone di rossetto (M24)
diventa un rossetto (S64) una certa sostenutezza (M9) diventa un certo cipiglio
(M29) un amicale (M31) si trasforma in amichevole (S96) ecc... Niente di
clamoroso. Ma viene da domandarsi: chi è che si è messo lì a fare una revisione
così inutile e scombiccherata?
L’ho già detto il romanzo non è un capolavoro della
letteratura, quindi non c’è da gridare allo scandalo, ma perché mai fargli
subire un destino così infame? L’avrebbero mai fatto col romanzo di uno
scrittore più famoso? L’avrebbero mai fatto se il libro non fosse stato un
giallo? Se il povero Scerbanenco ha scritto un libro in cui tutti si danno del
voi e tutti hanno nomi italiani per quale stramaledettissima alzata d’ingegno
qualcuno si permette di cambiarlo? Certo un può sostenere che il voi era
un’imposizione del regime, così come l’italianizzazione dei nomi. Che se
Scerbanenco avesse potuto scrivere liberamente allora... Allora, se questo è
vero, perché non riscrivere il tutto dall’inizio? Se uno è convinto di
conoscere le vere intenzioni di un autore perché limitarsi a qualche tocco di
cosmesi? E perché limitarsi a Scerbanenco? Anche Dante a volte si autocensura,
evita di dire una certa cosa per non dispiacere una certa persona, evita di
mandar qualcuno all’inferno anche se lo meriterebbe. Perché non rendere più
sexy anche la Divina Commedia?
L’ho già detto, la versione Sellerio di Nessuno è colpevole non è scandalosa. Certo che se qualcuno si
prende la briga di rivedere totalmente un libro, allora dovrebbe farlo con più
attenzione e rispetto. Quando
Scerbanenco descrive Giacomo Kàlman come uno “moschino, suscettibile” intende
dire proprio “moschino, suscettibile”.
Secondo il Battaglia moschino è “persona pignola, pedante, petulante”.
Secondo il Tommaseo è “arrogantello, come le mosche sono impronte”. Solo
quell’arrogante del revisore Sellerio, meschino, poteva pensare che Scerbanenco
si fosse sbagliato e quindi poteva sentirsi in diritto e dovere di correggere
con “meschino”. E poi quando Sunder sostiene che il delitto di Furt è stato
chiaramente premeditato, dice che si tratta di “arcipremeditazione” (M16). Perché cambiarlo con “arcimeditazione” (S51)? Cos’è? Il momento di
raccoglimento d’un arciprete?
P.S. Resta un ultimo dubbio. Dei romanzi di Jelling
ripubblicati da Sellerio solo Sei giorni
di preavviso, oltre a Nessuno è colpevole, subisce questo
barbaro trattamento. Caso vuole che proprio quei due titoli siano stati
ristampati negli anni ’70 nella collana Giallo Italiano Mondadori. Quindi forse
il misfatto è imputabile ai redattori Mondadori e non a quelli della Sellerio.
I quali, se così fosse, avrebbero come unica colpa quella d’aver ristampato un
libro senza aver cercato di recuperarne l’edizione originale. Dunque non
malfattori, ma solo dilettanti.