lunedì 10 febbraio 2014

Nessuno è colpevole, tranne la Sellerio




Al regime fascista non piacevano i gialli. Al punto che nell’ottobre del ’41 li dichiara fuorilegge. In un paese in cui non esistevano malviventi, perché la polizia li aveva tutti messi in galera, che senso potevano avere quelle storie di sangue e di delitti? Certo che se piacevano (e piacevano) e se qualcuno insisteva a scriverli si poteva sempre scegliere un’ambientazione straniera (Scerbanenco e D’Errico) o almeno dei colpevoli non italiani (De Angelis). Scerbanenco sceglie Boston e prende come protagonista un timido (troppo timido) archivista di nome Arturo Jelling. I cinque romanzi (sei con l’aggiunta del recentemente ritrovato Lo scandalo dell’osservatorio astronomico) non sono trascendentali, Jelling è davvero indisponente con i suoi “mi scusi” e “non vorrei proprio disturbare” e “permettete ancora una domanda”. Gli intrecci sono anche avvincenti, ma sostanzialmente i libri non valgono quelli contemporanei di D’Errico e di De Angelis. Di fatto se Scerbanenco non avesse scritto tutto il resto (e soprattutto Duca Lamberti), adesso non staremmo neanche qui a parlarne.

Trovo per caso su una bancarella il 9° Supergiallo Mondadori (giugno 1941), 5 grandi romanzi inediti a 12 lire, che contiene Segni particolari: nessuno di Ezio D’Errico, mai più ristampato in seguito. Solido come al solito, sempre troppo debitore del calco simenoniano, ma piacevole. Un altro dei cinque romanzi è Nessuno è colpevole di Scerbanenco che avevo già nell’edizione Sellerio. Allora mi metto a confrontare i due testi e scopro che...

1) Nell’originale si danno tutti del voi, così come voleva il regime, mentre nella versione Sellerio si passa al lei. L’operazione è un po’ macchinosa, in più al revisore ogni tanto sfugge qualcosa perché a pagina 38 (M38) “l’errore che volevate commettere” resta tale e quale nella versione Sellerio (S118). E lo stesso con la frase “un’altra promessa che non manterrete” (M46) che non cambia in S146. Il passaggio al lei non risparmia neppure i rapporti tra Jelling e il professor Berra che sarebbe poi il narratore dell’intera storia. I due sarebbero amici, ma per il revisore Sellerio questo non conta e quindi dal tu dell’originale passa anche qui al lei.

2) Nell’originale i personaggi hanno tutti nomi italiani. Jelling si chiama Arturo che in Sellerio diventa Arthur. Guglielmo Funt diventa William Funt ecc... Ma allora perché Giovanni, il cameriere del professor Berra, rimane Giovanni? E soprattutto perché Enrichetta Funt, invece di chiamarsi Harriet, diventa Virginia?

3) Alcuni termini o alcune abitudini ortografiche dell’epoca vengono modificati. Così roccie (M48) diventa rocce (S152), valigie (M50 e M51) diventa valige (S158 e S159), inglutì si trasforma in “inghiottì saliva” (S119) e “carta penale” (M34) si trasforma in “fedina penale” (S107). Peccato che poi l’espressione (“carta penale”) torni fuori in M49 e il revisore Sellerio, evidentemente sonnacchioso, si dimentichi di correggerla in S156. Lo stesso capita con diecina (M34) che viene sostituita con decina (S106). Ma non così la diecina di M64 che resta identica in S202. Del resto siamo al decimo capitolo, quasi alla fine. Il revisore Sellerio non dormicchia più, è in coma.

4) C’è un altro problema che va sotto il nome di “accordo del participio d’un verbo composto con avere con l’oggetto anteposto”. Detto in termini più chiari, capitava che in letteratura, almeno fino alla seconda guerra mondiale, si preferisse l’uso di “le cose che ti ho dette” in luogo di “le cose che ti ho detto”. Sembrava più bello così. Oggi scegliamo definitivamente la seconda versione. Dunque quando Scerbanenco scrive “le cartucce che vi ha date” (M38) il nostro solerte revisore cambia in “le cartucce che le ha dato” (S121). Poi s’addormenta e la pagina dopo lascia passare senza batter ciglio le stesse cartucce che Jelling “aveva scelte nella scodella” (M39 e S122). E poi le “cartucce che aveva esaminate” (M43 e S136). E poi le “indagini che aveva eseguite” e le “riflessioni che aveva fatte” (M62 e S202). Ma parlate piano, il revisore sta dormendo.

5) Il regime non voleva termini stranieri e dunque nell’originale non ci sono bar bensì mescite. La cosa probabilmente contagia l’inconscio del revisore. Là dove Scerbanenco scrive “dieci miglia”, lui mette al suo posto “quindici chilometri”. Forse nel timore che il lettore italiano non sappia arrangiarsi molto con le miglia americane. E dove Scerbanenco scrive “cento dollari” (M18) lui cambia in “cento denari” (S56). Una somma discreta, sia detto tra parentesi. Più del triplo di quanto diedero a Giuda, anche se quella divisa non è più in corso da tempo.


Insomma l’impressione generale è che qualcuno abbia cercato di rendere il testo più moderno, più vicino ai nostri gusti, alle nostre abitudini. Senza tutti quei pesantissimi “voi” e tutti quei fastidiosi Adelmo e Alessandro. To sex up si dice in inglese. È il termine che è stato usato per un celebre rapporto inviato a Blair sulle ipotetiche armi di distruzione di massa di Saddam. Il rapporto non era falso, era stato solo esagerato un po’, era stato sexed up. Qui l’ispirazione sembra identica. Non si spiega in altro modo il fatto che la signora che in tribunale si alza ad applaudire (M45) diventi nella versione Sellerio una signorina (S142).

Buona parte delle correzioni Sellerio sono del tutto ininfluenti. Ci sono alcuni tagli risibili. Tre righe nel terzo capitolo, due righe nel quinto. Salta uno spumante a p. 55, due battute di dialogo a pagina 57. Ma senza che sia possibile capirne la ragione. Un bastone di rossetto (M24) diventa un rossetto (S64) una certa sostenutezza (M9) diventa un certo cipiglio (M29) un amicale (M31) si trasforma in amichevole (S96) ecc... Niente di clamoroso. Ma viene da domandarsi: chi è che si è messo lì a fare una revisione così inutile e scombiccherata?

L’ho già detto il romanzo non è un capolavoro della letteratura, quindi non c’è da gridare allo scandalo, ma perché mai fargli subire un destino così infame? L’avrebbero mai fatto col romanzo di uno scrittore più famoso? L’avrebbero mai fatto se il libro non fosse stato un giallo? Se il povero Scerbanenco ha scritto un libro in cui tutti si danno del voi e tutti hanno nomi italiani per quale stramaledettissima alzata d’ingegno qualcuno si permette di cambiarlo? Certo un può sostenere che il voi era un’imposizione del regime, così come l’italianizzazione dei nomi. Che se Scerbanenco avesse potuto scrivere liberamente allora... Allora, se questo è vero, perché non riscrivere il tutto dall’inizio? Se uno è convinto di conoscere le vere intenzioni di un autore perché limitarsi a qualche tocco di cosmesi? E perché limitarsi a Scerbanenco? Anche Dante a volte si autocensura, evita di dire una certa cosa per non dispiacere una certa persona, evita di mandar qualcuno all’inferno anche se lo meriterebbe. Perché non rendere più sexy anche la Divina Commedia?

L’ho già detto, la versione Sellerio di Nessuno è colpevole non è scandalosa. Certo che se qualcuno si prende la briga di rivedere totalmente un libro, allora dovrebbe farlo con più attenzione e rispetto.  Quando Scerbanenco descrive Giacomo Kàlman come uno “moschino, suscettibile” intende dire proprio “moschino, suscettibile”.  Secondo il Battaglia moschino è “persona pignola, pedante, petulante”. Secondo il Tommaseo è “arrogantello, come le mosche sono impronte”. Solo quell’arrogante del revisore Sellerio, meschino, poteva pensare che Scerbanenco si fosse sbagliato e quindi poteva sentirsi in diritto e dovere di correggere con “meschino”. E poi quando Sunder sostiene che il delitto di Furt è stato chiaramente premeditato, dice che si tratta di “arcipremeditazione” (M16). Perché cambiarlo con “arcimeditazione” (S51)? Cos’è? Il momento di raccoglimento d’un arciprete?

P.S. Resta un ultimo dubbio. Dei romanzi di Jelling ripubblicati da Sellerio solo Sei giorni di preavviso, oltre a Nessuno è colpevole, subisce questo barbaro trattamento. Caso vuole che proprio quei due titoli siano stati ristampati negli anni ’70 nella collana Giallo Italiano Mondadori. Quindi forse il misfatto è imputabile ai redattori Mondadori e non a quelli della Sellerio. I quali, se così fosse, avrebbero come unica colpa quella d’aver ristampato un libro senza aver cercato di recuperarne l’edizione originale. Dunque non malfattori, ma solo dilettanti.